Politica
Zinni: (ESP): "Via Fani, 40 anni dopo…"
"Moro con le parole di Moro", il consigliere regionale Sabino Zinni ricorda il grande statista pugliese
Puglia - venerdì 16 marzo 2018
15.38
16 marzo 1978 – 16 marzo 2018: ricordare è un dovere, rifuggire una retorica fine a se stessa, lo è anche di più. È per questa ragione che il consigliere regionale Sabino Zinni dichiara:
«Dopo "l'adesso basta" di Maria Fida Moro, pubblicato 3 giorni fa da "il Fatto Quotidiano", la mia innata ripulsa per toni enfatici e celebrativi e il mio timore di offendere la memoria di un uomo le cui parole hanno segnato la mia giovinezza si caricano ora del terrore di urtare la sensibilità dei suoi cari, il cui dolore oggi si rinnova.
Mi rifiuto, perciò, di aggiungere anche una sola mia parola di commento ai tragici fatti di via Fani.
Lascio, invece, a chi lo desidera la possibilità di leggere e meditare alcune delle parole di Aldo Moro che sembrano scritte ieri e hanno, a mio umile avviso, la potente capacità di illuminare il nostro oggi».
Al di là dei partiti…
«Ora il fermento sociale si è approfondito ed allargato, è diventato più acutamente critico e sfuggente, mette in qualche misura in crisi la funzione rappresentativa dei partiti e degli stessi sindacati e getta perfino un'ombra sull'autenticità ed efficacia del sistema democratico e parlamentare. (…)
La responsabilità di chi esercita i pubblici poteri è fortemente condizionata dall'iniziativa e dalla reazione di coloro che non possono più essere chiamati sudditi e, neppure, propriamente governati, ma in modo nuovo ed essenziale uomini liberi.
Del resto una società sempre più presente a se stessa travalica le strutture dei partiti ed è sempre meno agevolmente riconducile, come prima invece avveniva, nell'ambito di una impostazione particolare, sotto lo scudo di una ideologia ben definita ed esclusiva. Il fermento sociale insomma che prima alimentava e muoveva, attraverso distinti canali, i partiti, oggi si amplia, si approfondisce, diventa in una certa misura influente per se stesso e si sviluppa al di là dei partiti, con una spinta non differenziata, più mirando all'unione che non alla divisione»
(Aldo Moro, Discorso a un Convegno della Democrazia Cristiana, Milano, 3 giugno 1969).
Ricevere ed incanalare le aspirazioni popolari
«Siamo dunque impegnati, sotto la pressione di una società trasformata nel profondo, in continua evoluzione ed estremamente esigente, ad una grande opera di liberazione dell'uomo e di giustizia. Un'opera difficile, perché gli obiettivi vengono spostati più innanzi, rendendo qualche volta disagevole il moto di progresso che si va, mano a mano, realizzando. Ma il contenuto rinnovatore di questa politica, secondo un preciso ed indeclinabile intento, è fuori discussione. Corrispondere alle esigenze della società con più giusti ordinamenti, dimostrare che le istituzioni sono capaci di ricevere ed incanalare le aspirazioni popolari, effettuare il raccordo, in termini di comune consapevolezza e di comune responsabilità, tra il vertice e la base del potere, stabilire costantemente un equilibrio politico non statico, ma dinamico, significa assicurare la stabilità del regime democratico»
(Ibidem).
Una politica conscia dei propri limiti
«L'equilibrio tra le crescenti libertà della società moderna ed il potere necessario all'ordine collettivo è fra i più grandi, se non il più grande problema della nostra epoca (…). Il tema dei diritti è centrale nella nostra dialettica politica. Di fronte a questa fioritura la politica deve essere conscia del proprio limite, pronta a piegarsi su questa nuova realtà, che le toglie la rigidezza della ragione di Stato, per darle il respiro della ragione dell'uomo»
(Aldo Moro, Discorso al XIII Congresso della Democrazia Cristiana, Roma, 20 marzo 1976).
La diffidenza verso chi valorizza l'unità nella diversità
«Il politico non ha solo il compito di non guastare quel che la vita sociale, nel suo evolvere positivo, va di per sé costruendo. Tra la disponibilità e la realtà, tra la ricchezza di base e la composizione armonica nel contesto sociale vi è uno spazio molto vasto (e ricco di problemi di ogni genere), il quale ha da essere occupato da una indispensabile e lungimirante iniziativa politica. Ad essa spetta fare una sintesi appropriata ed organizzare il consenso non intorno a dati particolari, benché importanti, ma intorno ad un disegno complessivo e, nella sua complessità, compiuto e stabile.
Giungere all'unità comporta una grande comprensione delle cose, una visione di insieme, la ricerca di giusti equilibri, un vero sforzo di organizzazione. È un modo di procedere, del resto inevitabile, il quale rende la vita politica complicata, scarsamente decifrabile, qualche volta irritante. È qui la base di quella diffidenza che contesta alla politica la sua funzione ed il suo merito. Eppure non si tratta, bisogna ribadirlo, di alchimie, di artifici, di cortine fumogene, ma di una seria ponderazione degli elementi in gioco, di una ricerca di compatibilità, di una valorizzazione della unità nella diversità»
(Aldo Moro, Articolo su "Il Giorno", 3 marzo 1978, 13 giorni prima del rapimento…).
«Dopo "l'adesso basta" di Maria Fida Moro, pubblicato 3 giorni fa da "il Fatto Quotidiano", la mia innata ripulsa per toni enfatici e celebrativi e il mio timore di offendere la memoria di un uomo le cui parole hanno segnato la mia giovinezza si caricano ora del terrore di urtare la sensibilità dei suoi cari, il cui dolore oggi si rinnova.
Mi rifiuto, perciò, di aggiungere anche una sola mia parola di commento ai tragici fatti di via Fani.
Lascio, invece, a chi lo desidera la possibilità di leggere e meditare alcune delle parole di Aldo Moro che sembrano scritte ieri e hanno, a mio umile avviso, la potente capacità di illuminare il nostro oggi».
Al di là dei partiti…
«Ora il fermento sociale si è approfondito ed allargato, è diventato più acutamente critico e sfuggente, mette in qualche misura in crisi la funzione rappresentativa dei partiti e degli stessi sindacati e getta perfino un'ombra sull'autenticità ed efficacia del sistema democratico e parlamentare. (…)
La responsabilità di chi esercita i pubblici poteri è fortemente condizionata dall'iniziativa e dalla reazione di coloro che non possono più essere chiamati sudditi e, neppure, propriamente governati, ma in modo nuovo ed essenziale uomini liberi.
Del resto una società sempre più presente a se stessa travalica le strutture dei partiti ed è sempre meno agevolmente riconducile, come prima invece avveniva, nell'ambito di una impostazione particolare, sotto lo scudo di una ideologia ben definita ed esclusiva. Il fermento sociale insomma che prima alimentava e muoveva, attraverso distinti canali, i partiti, oggi si amplia, si approfondisce, diventa in una certa misura influente per se stesso e si sviluppa al di là dei partiti, con una spinta non differenziata, più mirando all'unione che non alla divisione»
(Aldo Moro, Discorso a un Convegno della Democrazia Cristiana, Milano, 3 giugno 1969).
Ricevere ed incanalare le aspirazioni popolari
«Siamo dunque impegnati, sotto la pressione di una società trasformata nel profondo, in continua evoluzione ed estremamente esigente, ad una grande opera di liberazione dell'uomo e di giustizia. Un'opera difficile, perché gli obiettivi vengono spostati più innanzi, rendendo qualche volta disagevole il moto di progresso che si va, mano a mano, realizzando. Ma il contenuto rinnovatore di questa politica, secondo un preciso ed indeclinabile intento, è fuori discussione. Corrispondere alle esigenze della società con più giusti ordinamenti, dimostrare che le istituzioni sono capaci di ricevere ed incanalare le aspirazioni popolari, effettuare il raccordo, in termini di comune consapevolezza e di comune responsabilità, tra il vertice e la base del potere, stabilire costantemente un equilibrio politico non statico, ma dinamico, significa assicurare la stabilità del regime democratico»
(Ibidem).
Una politica conscia dei propri limiti
«L'equilibrio tra le crescenti libertà della società moderna ed il potere necessario all'ordine collettivo è fra i più grandi, se non il più grande problema della nostra epoca (…). Il tema dei diritti è centrale nella nostra dialettica politica. Di fronte a questa fioritura la politica deve essere conscia del proprio limite, pronta a piegarsi su questa nuova realtà, che le toglie la rigidezza della ragione di Stato, per darle il respiro della ragione dell'uomo»
(Aldo Moro, Discorso al XIII Congresso della Democrazia Cristiana, Roma, 20 marzo 1976).
La diffidenza verso chi valorizza l'unità nella diversità
«Il politico non ha solo il compito di non guastare quel che la vita sociale, nel suo evolvere positivo, va di per sé costruendo. Tra la disponibilità e la realtà, tra la ricchezza di base e la composizione armonica nel contesto sociale vi è uno spazio molto vasto (e ricco di problemi di ogni genere), il quale ha da essere occupato da una indispensabile e lungimirante iniziativa politica. Ad essa spetta fare una sintesi appropriata ed organizzare il consenso non intorno a dati particolari, benché importanti, ma intorno ad un disegno complessivo e, nella sua complessità, compiuto e stabile.
Giungere all'unità comporta una grande comprensione delle cose, una visione di insieme, la ricerca di giusti equilibri, un vero sforzo di organizzazione. È un modo di procedere, del resto inevitabile, il quale rende la vita politica complicata, scarsamente decifrabile, qualche volta irritante. È qui la base di quella diffidenza che contesta alla politica la sua funzione ed il suo merito. Eppure non si tratta, bisogna ribadirlo, di alchimie, di artifici, di cortine fumogene, ma di una seria ponderazione degli elementi in gioco, di una ricerca di compatibilità, di una valorizzazione della unità nella diversità»
(Aldo Moro, Articolo su "Il Giorno", 3 marzo 1978, 13 giorni prima del rapimento…).