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Ordinanze ristorazione, UniBat: «Illegittime, colpiscono gli esercenti»

Tutte le ripercussioni delle disposizioni sul settore

Sono diversi i Comuni della Bat che hanno adottato provvedimenti circa la regolamentazione degli orari di apertura degli esercizi di ristorazione.

Anche a Spinazzola il sindaco Patruno ha emesso ordinanza in merito agli orari apertura e chiusura di attività dei locali di somministrazione alimenti e bevande, compresi bar, chioschi, ristoranti, pub, vinerie, circoli di qualsiasi natura, nonchè dei distributori automatici h24 presenti sul territorio comunale.

In merito alle misure adottate, in primis dal sindaco di Trani le Associazioni di Rappresentanza Confesercenti, Confcommercio ed Unibat insorgono esponendo le proprie motivazioni.

«Il sindaco di Trani ha voluto essere il primo ad annunciare i provvedimenti che sarebbero stati concertati in Prefettura tra i sindaci. Proprio a proposito delle nuove disposizioni per bar, ristoranti, pizzerie ed esercizi similari, al termine della riunione convocata dalla sindaca Giovanna Bruno a Palazzo di città, ad Andria, con le Associazioni di Rappresentanza Confesercenti, Confcommercio ed Unibat, ha dichiarato: "con la sindaca Bruno abbiamo discusso di quanto è stato concordato presso la Prefettura Bat in merito alle nuove limitazioni alla libertà d'Impresa, con evidente violazione delle norme in materia di orari e di liberalizzazioni"».

Ma, «il Prefetto Maurizio Valiante, contrariamente a quanto annunciato ben sei mesi fa, non ha ancora attivato i Tavoli tematici di emergenza con le Sigle di Rappresentanza del commercio quindi con le Associazioni di Categoria del territorio» - scrive Savino Montaruli di UniBat facendo una analisi critica delle ordinanze.

Stando alle disposizioni emesse dalla città di Trani "le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite sino alle ore 24.00 con consumo esclusivamente al tavolo e sino alle ore 21.00 in assenza di consumo al tavolo". Analogamente a quanto disposto anche a Spinazzola.

Cosa comporterebbe la chiusura alle 21.00 dei bar che non hanno tavoli e per quelli che, avendoli, potrebbero restare aperti al pubblico fino alle 24 ma limitatamente a tale servizio? «A parte la palese violazione delle norme vigenti in materia di liberalizzazione degli orari (i pubblici esercizi per legge possono testare aperti al pubblico 24 ore su 24), - scrive Montaruli - significa che dalle ore 21 in poi ai bar che non hanno servizio ai tavoli viene imposta la chiusura.

Nel caso in specie significa che la chiusura diventa quindi quasi automatica per tutti i bar visto che anche se un bar dovesse possedere, come nel 90% dei casi, solamente alcuni tavolini sarebbe improduttivo restare aperti oltre le 21 per servire cinque caffè a chi, non avendo cosa fare, si rintana in un bar per cautelarsi dall'umidità ottombrina. Ve lo immaginate il barista a rifiutare le consumazioni al banco? Una vera sciocchezza.

Nel caso in cui, invece, quel bar possieda un considerevole numero di tavoli questo significherebbe un enorme aggravio di costi per la clientela in quanto, come è noto, il servizio al tavolino subisce un fortissimo aumento sul prezzo base di listino prefissato dagli esercenti. Un pasticcio tutto all'italiana - commenta Montaruli - con provvedimenti che non fanno altro che elevare il clima di tensione sociale, continuando ad infierire sulle piccole imprese ormai portate al collasso da politiche centrali governative inadeguate e scorrette e da provvedimenti fotocopia di amministrazioni locali incapaci ma senza peraltro raggiungere l'obiettivo di ridurre gli assembramenti i quali, al contrario, di fronte alla limitazione degli accessi ai pubblici esercizi aumenteranno a dismisura, in modo incontrollabile, fuori dagli esercizi, nelle strade e nelle piazze cittadine».

Stando al portavoce UniBat, inoltre, l'apertura degli esercizi come i bar alle 5.00, oltre alla già citata violazione delle norme in vigore sulle liberalizzazioni le ordinanze sindacali illegittime, costringerebbe gli esercenti a rinunciare a quelle fasce di clientela e di lavoratori che richiederebbero il servizio pubblico iniziando a lavorare in orari precedenti alle 5 di mattina.

«Ancora la volta la politica dimostra di essere lontana dai problemi reali delle persone e delle imprese e continua a fare propaganda senza peraltro risolvere i problemi, neppure quelli di natura sanitaria, una politica inconsistente e banalizzata che resta a guardare prendendosela con le categorie più deboli e mal rappresentate a livello centrale cioè le piccole imprese» – conclude Montaruli.
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