Speciale
Morire di lavoro. Ne vale la pena?
A cura dell'esperto Mario Celestino ("Il Lavoro Sicuro")
Spinazzola - martedì 3 marzo 2020
10.19 Sponsorizzato
Leggo di frequenti incidenti sul lavoro che colpiscono il nostro territorio: sarei tentato di dare una valenza statistica, non molto congruente, per le causalità che hanno colpito un territorio delimitato con eventi ravvicinati, sia nel tempo che nello spazio.
Trani, Andria, Bisceglie, Barletta, Canosa di Puglia, città unite da tragici fatti di cronaca legati a incidenti avvenuti sui luoghi di lavoro. Impalcature, ponteggi, lavori anche in campagna e in azienda, dove ogni lavoratore dovrebbe sentirsi protetto e tutelato, in condizione di rispondere – all'affetto, agli abbracci della propria famiglia.
La mia riflessione corre e cerca spiegazioni. Se stessimo parlando di dati, solo di numeri, troveremmo sicuramente un modo per darci una giustificazione. Potremmo raccontarci la storiella che il lavoro, come qualsiasi altra attività umana, non è scevro da rischi. Ma il lavoro non è guerra ma "Rischi prevedibili" non nel senso "calcolabili", ma eliminabili perché la scienza e la tecnica hanno raggiunto livelli di alta prevenzione e protezione.
Riflessioni che suscitano una domanda precisa "cosa non è stato fatto dai datori di lavoro"? Se il rischio rimane, identico, si trasforma da casualità in responsabilità, irresponsabilità, sottovalutazione e incuria.
La sicurezza non può essere più un optional! Non può essere nemmeno una questione di denaro, dato che l'impresa è fonte di redditività. Pensare di elevare gli standard di sicurezza, non è un benefit "estetico" del lavoro ma ottemperanza dovuta a legislazione seria e applicabile. E' solo il caso di accennare ai molti milioni di euro che l'INAIL mette a disposizione dei Datori di Lavoro solo se questi ottemperano ai livelli basilari della safety sul lavoro.
Eliminata ogni riflessione professionale, resta solo un quadro a tinte fosche, che getta oscurità sulla quotidianità del mondo del lavoro: quando si parla di morti, o di gravi infortuni, non si parla di eventi da romanzo o da fiction, ma di un qualcosa di reale, che capita ad esseri umani, giovani o meno giovani, la cui vita viene spezzata o il corpo mutilato … spesso si sa da chi e per cosa! Non può più esserci incuria verso la cultura della sicurezza! Non è solo il caso di rispettare la "legge sulla sicurezza" quale un parametro numerico da soddisfare, ma è qualcosa che tocca l'anima, la sensibilità e la moralità di ognuno, cioè la CULTURA, il modo si essere. Una cultura, che come tutte le altre conoscenze, deve essere approfondita, studiata, connettivata. Fido che questi pensieri, condivisioni di cuore e mente, aiutino il mondo del lavoro ad essere meno gravato da morti o invalidi, ma che il lavoro possa dare un Lavoro Sicuro!
IL LAVORO non sia più una guerra. Vogliamo lavorare tutti sereni e sicuri. Il lavoro dia futuro per il reddito, futuro sereno per un domani, certi di tornare a casa dalla propria famiglia, sani e salvi. Chissà se la prossima notizia di cronaca, la leggeremo con superficialità o penseremo che quell'evento poteva essere evitato.
Trani, Andria, Bisceglie, Barletta, Canosa di Puglia, città unite da tragici fatti di cronaca legati a incidenti avvenuti sui luoghi di lavoro. Impalcature, ponteggi, lavori anche in campagna e in azienda, dove ogni lavoratore dovrebbe sentirsi protetto e tutelato, in condizione di rispondere – all'affetto, agli abbracci della propria famiglia.
La mia riflessione corre e cerca spiegazioni. Se stessimo parlando di dati, solo di numeri, troveremmo sicuramente un modo per darci una giustificazione. Potremmo raccontarci la storiella che il lavoro, come qualsiasi altra attività umana, non è scevro da rischi. Ma il lavoro non è guerra ma "Rischi prevedibili" non nel senso "calcolabili", ma eliminabili perché la scienza e la tecnica hanno raggiunto livelli di alta prevenzione e protezione.
Riflessioni che suscitano una domanda precisa "cosa non è stato fatto dai datori di lavoro"? Se il rischio rimane, identico, si trasforma da casualità in responsabilità, irresponsabilità, sottovalutazione e incuria.
La sicurezza non può essere più un optional! Non può essere nemmeno una questione di denaro, dato che l'impresa è fonte di redditività. Pensare di elevare gli standard di sicurezza, non è un benefit "estetico" del lavoro ma ottemperanza dovuta a legislazione seria e applicabile. E' solo il caso di accennare ai molti milioni di euro che l'INAIL mette a disposizione dei Datori di Lavoro solo se questi ottemperano ai livelli basilari della safety sul lavoro.
Eliminata ogni riflessione professionale, resta solo un quadro a tinte fosche, che getta oscurità sulla quotidianità del mondo del lavoro: quando si parla di morti, o di gravi infortuni, non si parla di eventi da romanzo o da fiction, ma di un qualcosa di reale, che capita ad esseri umani, giovani o meno giovani, la cui vita viene spezzata o il corpo mutilato … spesso si sa da chi e per cosa! Non può più esserci incuria verso la cultura della sicurezza! Non è solo il caso di rispettare la "legge sulla sicurezza" quale un parametro numerico da soddisfare, ma è qualcosa che tocca l'anima, la sensibilità e la moralità di ognuno, cioè la CULTURA, il modo si essere. Una cultura, che come tutte le altre conoscenze, deve essere approfondita, studiata, connettivata. Fido che questi pensieri, condivisioni di cuore e mente, aiutino il mondo del lavoro ad essere meno gravato da morti o invalidi, ma che il lavoro possa dare un Lavoro Sicuro!
IL LAVORO non sia più una guerra. Vogliamo lavorare tutti sereni e sicuri. Il lavoro dia futuro per il reddito, futuro sereno per un domani, certi di tornare a casa dalla propria famiglia, sani e salvi. Chissà se la prossima notizia di cronaca, la leggeremo con superficialità o penseremo che quell'evento poteva essere evitato.