Attualità
Mentre tutti si dichiarano indipendenti aumentano le dipendenze
Lo psicologo e psicoterapeuta, dott. Saverio Costantino compie una approfondita analisi su questo particolare tema socio sanitario
Spinazzola - lunedì 3 settembre 2018
16.54
"Mentre tutti si dichiarano indipendenti aumentano le dipendenze" .Lo psicologo e psicoterapeuta, dott. Saverio Costantino compie una approfondita analisi su questo particolare tema socio sanitario.
"La mia analisi non parte dalla ormai caratteristica dichiarazione allarmistica sull'aumento delle dipendenze in genere... gioco, alcool, droghe e, perché no, pensiamo ad altre dipendenze non meglio catalogate, come ad esempio uno sfrenato "salutismo", quasi un culto dell'alimentazione riconducibili all'ortoressia o virgoressia. Il mio intento è quello di interrogarmi per un capire condiviso (una mia provocazione o invidia non essendo in perfetta forma fisica, speriamo di esserlo in quella psichica). Nemmeno utile fare la solita morale sui servizi che dovrebbero occuparsi delle dipendenze, e che magari non esprimono efficienza, mi basta l'osservatorio della mia attività per esprimere tale concetto: nella nostra società e nella mia osservazione clinica sempre più spesso mi imbatto in utenza psichiatrica in riabilitazione con significativa presenza di dipendenze, come di numerosi soggetti che pazienti non lo diventeranno mai, pur avendone un buon curriculum.
Dai dati codificati, per esempio ogni 1000 abitanti vengono dissipati circa 1000 000 di euro in gioco patologico (una significativa economia neanche sommersa), questi dati delle slot di stato, tanto nella Bat come percorso che vede anche piccoli centri come Spinazzola e Minervino non secondi a nessuno. E i dati non stimabili come si fa a rilevarli? Li possiamo solo immaginare… Ma come vi avevo promesso non cado nel già detto degli adolescenti che bevono e consumano droghe, mi chiedo piuttosto cosa significhi tutto ciò e come si possa intervenire. Quando il vuoto è cosi assordante si cerca di riempirlo di ritualità non ben finalizzate; il vizio altro non è che ritualità non finalizzata, o meglio finalizzata alla produzione di piacere. Le condotte compulsive in continuità come tutte le ossessioni sono uno zoccolo duro da affrontare. Ancor più difficile se la negazione, in qualità di meccanismo difensivo, non ci consente di accedere alla consapevolezza di aver bisogno di un valido supporto, o almeno fino a quando un sistema non implode sulla irreversibile condizione di difficoltà. In fondo siamo stati costruttori di legami borderline senza continuità, senza stabilità, sempre in equilibrio sul nulla e abbiamo inserito la presenza stabile di altri riti che dobbiamo aver il coraggio di riconoscere come patologici. Sempre più mi capita oramai di osservare giovani adulti (20 – 30 anni) con conseguenze di reiterate condotte di assunzione di sostanze (problemi cognitivi, slatentizzazione di patologie psichiatriche, ansia e attacchi di panico ecc.). Certo che i nostri figli sono perfetti, sono quelli degli altri che risultano più visibili. In realtà tuttavia la risposta patologica è "una sana indifferenza", una espressione rassegnata sui tempi che sono cambiati, e un classico esperto, me in primis, a fare conferenze e a dispensare ricette, magari bucando il video su chi si sbraccia per accaparrarsi una apparizione televisiva, rende come immagine. Validi esperti dell'immagine come gli amici di Facebook con i preziosi like o il follower di Instagram, comunichiamo con il mondo senza farlo con noi stessi.
Per comunicare non è necessario prenotarsi una seduta con lo psicoterapeuta, o meglio non lo è sempre, a volte basterebbe un sano dialogo con il vicino, con gli amici e magari un po' di silenzio per ascoltarsi, senza il frastuono che bombarda la nostra capacità di essere ricettivi anche ad una frustrazione del dissenso. Se una persona è capace di portar per mano il dolore lo è anche per la gioia. Forse siamo diventati meno capaci di tollerare il dolore, e meno capaci di provare gioia, senza la terapia dell'alcool o di una, ormai non più trasgressiva, canna. Così diventiamo più morbidi e socializzanti. L'aiutino alla relazione, oltre che all'erezione della compressa blu per le fasce di età più avanzate che non vogliono perdere l'abitudine al sesso. Visto da vicino nessuno è perfetto, esperti e rappresentanti delle istituzioni compresi. Basterebbe leggere le vite più che le dichiarazioni vuote, dove è finito l'esempio, o meglio il potere dell'esempio ormai lasciato solo all'insegnamento. Tutti lo fanno ormai senza conoscere, insomma quel "tutti parlano e nessuno ascolta, tutti scrivono e nessuno legge", un paradosso al quale ormai mi sento legato e di cui ne ho fatto uno slogan. Si è dissacranti e spesso provocatori, quasi si abbia bisogno di demolire e non di costruire. Le persone sono sparite con le loro emozioni. Ascoltando l'applicazione Siri del cellulare smartphone, sono rabbrividito di come possa rispondere saggiamente alle domande, e sappia rispondere educatamente anche alle provocazioni. "È meglio non rispondere che sembrare stupidi" ecco una delle tante risposte a provocazioni, tante altre potrei citarne ma basta per articolare tale riflessione. Meglio un sistema artificiale, che ormai quasi esprime più valide istanze emotive, le persone ormai tendono ad aggredire, perché insoddisfatte e infelici, direbbe qualche saggio della rete.
Lo scambio tra persone ormai ha del protocollo, come i protocolli in medicina, se il paziente lamenta mal di testa bisogna dare seguito ad esami strumentali tac, ecc., e se il paziente è ansioso e preoccupato e vuole parlarne a quale altro strumento bisogna affidarlo? Tra poco un robot umanoide ci sostituirà anche nelle varie funzioni assistenziali, magari anche in quelle del piacere, ci esonererà anche dal fare l'amore o già lo sta facendo con l'accesso ad alcuni siti interattivi. Le parole accoglienza, amore, cuore in ambito medico sono sparite ma non solo, anche in quello assistenziale, senza arrivare poi all'ambito politico con il rischio di inoltrarsi in argomenti per cui numerose mosche si avvicinerebbero sempre più alla ricerca dello sporco. Ma le persone come hanno cambiato i loro bisogni di essere amati e di amare? Forse con il disagio vero dove si osserva la forza ad oltranza ed un repentino punto di rottura con gesti estremi che definiamo inaspettati o imprevedibili. Allora le nostre porte blindate del cuore, e dei nostri luoghi di vita non ci danno scampo, non permettono né di entrare né di uscire. Tutti diffidano di tutto e tutti, e pur non dirci che diffidiamo di noi stessi, proiettiamo sugli altri i nostri lati oscuri, che tutti, proprio tutti, abbiamo. Ci meravigliamo che gli altri non siano onesti, come neanche noi forse siamo in grado di esserlo, di essere competenti come neanche noi lo siamo, insomma diciamo che gli altri non riescono a essere ciò che neanche noi siamo. Se ammettessimo questa verità forse riusciremmo ad essere più tolleranti con tutti, a partire da noi stessi. Quella tolleranza di un rigore ed un impegno da chiedere a noi stessi prima ancora che agli altri. Allora anche nella genitorialità e nella dimensione educativa, il nostro esempio unico e vero contenuto di testimonianza valida e capace di condurre e insegnare. La psicologia, di fatto prescrive condotte e comportamenti ma spesso testimonia nei servizi il contrario, come se un riabilitatore insegnasse un comportamento ed una condotta che smentisce con il comportamento, sarebbe una comunicazione paradossale. Quando si parla di dipendenze è solito pensare al negativo, al contrario si potrebbe "dipendere" dallo splendore di un tramonto, dalla forza di un abbraccio, dalla ricchezza di un'amicizia, dai racconti di un anziano, tutto questo si passa ai nostri figli attraverso gli esempi. Nel paradosso noi tutti siamo stritolati e stiamo male, pena dire che stiamo ricercando la felicità".
"La mia analisi non parte dalla ormai caratteristica dichiarazione allarmistica sull'aumento delle dipendenze in genere... gioco, alcool, droghe e, perché no, pensiamo ad altre dipendenze non meglio catalogate, come ad esempio uno sfrenato "salutismo", quasi un culto dell'alimentazione riconducibili all'ortoressia o virgoressia. Il mio intento è quello di interrogarmi per un capire condiviso (una mia provocazione o invidia non essendo in perfetta forma fisica, speriamo di esserlo in quella psichica). Nemmeno utile fare la solita morale sui servizi che dovrebbero occuparsi delle dipendenze, e che magari non esprimono efficienza, mi basta l'osservatorio della mia attività per esprimere tale concetto: nella nostra società e nella mia osservazione clinica sempre più spesso mi imbatto in utenza psichiatrica in riabilitazione con significativa presenza di dipendenze, come di numerosi soggetti che pazienti non lo diventeranno mai, pur avendone un buon curriculum.
Dai dati codificati, per esempio ogni 1000 abitanti vengono dissipati circa 1000 000 di euro in gioco patologico (una significativa economia neanche sommersa), questi dati delle slot di stato, tanto nella Bat come percorso che vede anche piccoli centri come Spinazzola e Minervino non secondi a nessuno. E i dati non stimabili come si fa a rilevarli? Li possiamo solo immaginare… Ma come vi avevo promesso non cado nel già detto degli adolescenti che bevono e consumano droghe, mi chiedo piuttosto cosa significhi tutto ciò e come si possa intervenire. Quando il vuoto è cosi assordante si cerca di riempirlo di ritualità non ben finalizzate; il vizio altro non è che ritualità non finalizzata, o meglio finalizzata alla produzione di piacere. Le condotte compulsive in continuità come tutte le ossessioni sono uno zoccolo duro da affrontare. Ancor più difficile se la negazione, in qualità di meccanismo difensivo, non ci consente di accedere alla consapevolezza di aver bisogno di un valido supporto, o almeno fino a quando un sistema non implode sulla irreversibile condizione di difficoltà. In fondo siamo stati costruttori di legami borderline senza continuità, senza stabilità, sempre in equilibrio sul nulla e abbiamo inserito la presenza stabile di altri riti che dobbiamo aver il coraggio di riconoscere come patologici. Sempre più mi capita oramai di osservare giovani adulti (20 – 30 anni) con conseguenze di reiterate condotte di assunzione di sostanze (problemi cognitivi, slatentizzazione di patologie psichiatriche, ansia e attacchi di panico ecc.). Certo che i nostri figli sono perfetti, sono quelli degli altri che risultano più visibili. In realtà tuttavia la risposta patologica è "una sana indifferenza", una espressione rassegnata sui tempi che sono cambiati, e un classico esperto, me in primis, a fare conferenze e a dispensare ricette, magari bucando il video su chi si sbraccia per accaparrarsi una apparizione televisiva, rende come immagine. Validi esperti dell'immagine come gli amici di Facebook con i preziosi like o il follower di Instagram, comunichiamo con il mondo senza farlo con noi stessi.
Per comunicare non è necessario prenotarsi una seduta con lo psicoterapeuta, o meglio non lo è sempre, a volte basterebbe un sano dialogo con il vicino, con gli amici e magari un po' di silenzio per ascoltarsi, senza il frastuono che bombarda la nostra capacità di essere ricettivi anche ad una frustrazione del dissenso. Se una persona è capace di portar per mano il dolore lo è anche per la gioia. Forse siamo diventati meno capaci di tollerare il dolore, e meno capaci di provare gioia, senza la terapia dell'alcool o di una, ormai non più trasgressiva, canna. Così diventiamo più morbidi e socializzanti. L'aiutino alla relazione, oltre che all'erezione della compressa blu per le fasce di età più avanzate che non vogliono perdere l'abitudine al sesso. Visto da vicino nessuno è perfetto, esperti e rappresentanti delle istituzioni compresi. Basterebbe leggere le vite più che le dichiarazioni vuote, dove è finito l'esempio, o meglio il potere dell'esempio ormai lasciato solo all'insegnamento. Tutti lo fanno ormai senza conoscere, insomma quel "tutti parlano e nessuno ascolta, tutti scrivono e nessuno legge", un paradosso al quale ormai mi sento legato e di cui ne ho fatto uno slogan. Si è dissacranti e spesso provocatori, quasi si abbia bisogno di demolire e non di costruire. Le persone sono sparite con le loro emozioni. Ascoltando l'applicazione Siri del cellulare smartphone, sono rabbrividito di come possa rispondere saggiamente alle domande, e sappia rispondere educatamente anche alle provocazioni. "È meglio non rispondere che sembrare stupidi" ecco una delle tante risposte a provocazioni, tante altre potrei citarne ma basta per articolare tale riflessione. Meglio un sistema artificiale, che ormai quasi esprime più valide istanze emotive, le persone ormai tendono ad aggredire, perché insoddisfatte e infelici, direbbe qualche saggio della rete.
Lo scambio tra persone ormai ha del protocollo, come i protocolli in medicina, se il paziente lamenta mal di testa bisogna dare seguito ad esami strumentali tac, ecc., e se il paziente è ansioso e preoccupato e vuole parlarne a quale altro strumento bisogna affidarlo? Tra poco un robot umanoide ci sostituirà anche nelle varie funzioni assistenziali, magari anche in quelle del piacere, ci esonererà anche dal fare l'amore o già lo sta facendo con l'accesso ad alcuni siti interattivi. Le parole accoglienza, amore, cuore in ambito medico sono sparite ma non solo, anche in quello assistenziale, senza arrivare poi all'ambito politico con il rischio di inoltrarsi in argomenti per cui numerose mosche si avvicinerebbero sempre più alla ricerca dello sporco. Ma le persone come hanno cambiato i loro bisogni di essere amati e di amare? Forse con il disagio vero dove si osserva la forza ad oltranza ed un repentino punto di rottura con gesti estremi che definiamo inaspettati o imprevedibili. Allora le nostre porte blindate del cuore, e dei nostri luoghi di vita non ci danno scampo, non permettono né di entrare né di uscire. Tutti diffidano di tutto e tutti, e pur non dirci che diffidiamo di noi stessi, proiettiamo sugli altri i nostri lati oscuri, che tutti, proprio tutti, abbiamo. Ci meravigliamo che gli altri non siano onesti, come neanche noi forse siamo in grado di esserlo, di essere competenti come neanche noi lo siamo, insomma diciamo che gli altri non riescono a essere ciò che neanche noi siamo. Se ammettessimo questa verità forse riusciremmo ad essere più tolleranti con tutti, a partire da noi stessi. Quella tolleranza di un rigore ed un impegno da chiedere a noi stessi prima ancora che agli altri. Allora anche nella genitorialità e nella dimensione educativa, il nostro esempio unico e vero contenuto di testimonianza valida e capace di condurre e insegnare. La psicologia, di fatto prescrive condotte e comportamenti ma spesso testimonia nei servizi il contrario, come se un riabilitatore insegnasse un comportamento ed una condotta che smentisce con il comportamento, sarebbe una comunicazione paradossale. Quando si parla di dipendenze è solito pensare al negativo, al contrario si potrebbe "dipendere" dallo splendore di un tramonto, dalla forza di un abbraccio, dalla ricchezza di un'amicizia, dai racconti di un anziano, tutto questo si passa ai nostri figli attraverso gli esempi. Nel paradosso noi tutti siamo stritolati e stiamo male, pena dire che stiamo ricercando la felicità".