Attualità
Genitori e uso dei social, i consigli dei Carabinieri sullo sharenting
Verranno effettuate attività anche nelle scuole per sensibilizzare i giovani
Spinazzola - sabato 12 ottobre 2024
Comunicato Stampa
La corsa incessante di postare foto e/o video sulle piattaforme social per ottenere più like possibili può incorrere a problemi psicologici e legali. È giusto essere informati sui rischi che un genitore incorre se posta una foto e/o un video del suo bambino sui social.
La tendenza da parte dei genitori a postare sui social media le immagini e/o le informazioni dei propri figli senza chiederne il consenso prende il nome di sharenting, termine che deriva dall'unione delle parole inglesi share (mostrare) e parenting (genitorialità). Questo fenomeno però non solo si sviluppa con la pubblicazione di foto e video ma anche con la divulgazione di informazioni o notizie sul web della sfera privata del minore. Si può parlare di un vero e proprio "ego digitale" che invade il genitore che pubblica e posta tutto ciò che riguarda i figli per avere il fatidico like.
Ma alimentare lo sharenting può portare all'insorgenza di fenomeni che hanno ripercussioni psicologiche e legali e per questo bisogna stare attenti. La condivisione di immagini e notizie sulle piattaforme social può fungere da amo per l'adescamento a diversi comportamenti illeciti che si originano e si sviluppano nel web come l'adescamento dei minori, scambio di messaggi poco educati, scortesi, offensivi che portano al cyberbullismo, al phishing ect..
Oltre ai rischi informatici e legali, la sovraesposizione dei minori attraverso la condivisione di foto e video può portare a lungo termine all'origine di disagi psicologici ai danni della sfera psico-socio-emotiva del minore. Dal momento che nessun genitore chiede il permesso al figlio per la pubblicazione delle foto, talvolta condividendo foto buffe, che con il passare del tempo possono alimentare l'insicurezza del minore che restando cristallizzate sul web, possono dar luogo a episodi in cui il minore viene preso in giro dai suoi pari attraverso l'uso della foto unita alla creazione dei nomignoli. Bisogna sempre ricordarsi che quel bambino, ritratto in pose buffe e simpatiche per gli adulti, con il passare del tempo diventerà adulto.
Il Reparto Analisi Criminologiche presso il Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche sta rivolgendo attenzione al fenomeno anche grazie alla partecipazione in qualità di partner al progetto di ricerca ProTechThem: "Building awarrdness for safer and technology savy sharenting" svolto con l'Università di Southampton, con l'obiettivo di formare i militari per sensibilizzare i cittadini e metterli a conoscenza del fenomeno e intervenire nelle scuole alimentando gli incontri per "la cultura della legalità" che periodicamente vengono programmate in tutti gli istituti scolastici del territorio.
La tendenza da parte dei genitori a postare sui social media le immagini e/o le informazioni dei propri figli senza chiederne il consenso prende il nome di sharenting, termine che deriva dall'unione delle parole inglesi share (mostrare) e parenting (genitorialità). Questo fenomeno però non solo si sviluppa con la pubblicazione di foto e video ma anche con la divulgazione di informazioni o notizie sul web della sfera privata del minore. Si può parlare di un vero e proprio "ego digitale" che invade il genitore che pubblica e posta tutto ciò che riguarda i figli per avere il fatidico like.
Ma alimentare lo sharenting può portare all'insorgenza di fenomeni che hanno ripercussioni psicologiche e legali e per questo bisogna stare attenti. La condivisione di immagini e notizie sulle piattaforme social può fungere da amo per l'adescamento a diversi comportamenti illeciti che si originano e si sviluppano nel web come l'adescamento dei minori, scambio di messaggi poco educati, scortesi, offensivi che portano al cyberbullismo, al phishing ect..
Oltre ai rischi informatici e legali, la sovraesposizione dei minori attraverso la condivisione di foto e video può portare a lungo termine all'origine di disagi psicologici ai danni della sfera psico-socio-emotiva del minore. Dal momento che nessun genitore chiede il permesso al figlio per la pubblicazione delle foto, talvolta condividendo foto buffe, che con il passare del tempo possono alimentare l'insicurezza del minore che restando cristallizzate sul web, possono dar luogo a episodi in cui il minore viene preso in giro dai suoi pari attraverso l'uso della foto unita alla creazione dei nomignoli. Bisogna sempre ricordarsi che quel bambino, ritratto in pose buffe e simpatiche per gli adulti, con il passare del tempo diventerà adulto.
Il Reparto Analisi Criminologiche presso il Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche sta rivolgendo attenzione al fenomeno anche grazie alla partecipazione in qualità di partner al progetto di ricerca ProTechThem: "Building awarrdness for safer and technology savy sharenting" svolto con l'Università di Southampton, con l'obiettivo di formare i militari per sensibilizzare i cittadini e metterli a conoscenza del fenomeno e intervenire nelle scuole alimentando gli incontri per "la cultura della legalità" che periodicamente vengono programmate in tutti gli istituti scolastici del territorio.