Cibo e vino
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Carne, salumi e vino con etichette "allarmistiche"

L'Unione Europea vuole cancellare i fondi per la promozione di questi prodotti nell'ottica di una tutela della salute

Unione Europea vuole cancellare i fondi per la promozione di carne, salumi e vino prevedendo addirittura etichette allarmistiche sulle bottiglie come per i pacchetti di sigarette. Lo denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in una lettera inviata al Commissario Europeo per gli affari economici Paolo Gentiloni in riferimento al nuovo "Piano d'azione per migliorare la salute dei cittadini europei" all'ordine del giorno della riunione dei Commissari, con la scusa di tutelare la salute, che va invece salvaguardata promuovendo una dieta equilibrata e varia, senza criminalizzare singoli alimenti.

Le misure della Commissione UE nell'ambito dell'attività di prevenzione del Piano riguardano tra l'altro – riferisce la Coldiretti - la proposta di introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche prima del 2023 ma anche la volontà di eliminare dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari, come specificatamente le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associati ai rischi di tumore.

Una scelta che colpisce prodotti simbolo del Made in Italy con l'Italia che il principale produttore europeo di vino ma anche il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che rischiano invece di essere condannate all'estinzione.

Il giusto impegno della Commissione Europea per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L'equilibrio nutrizionale va infatti ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto.

Ad essere danneggiati sono prodotti dalla tradizioni secolari con un impatto devastante sull'economia, sull'occupazione, sulla biodiversità e sul territorio dove quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. La norcineria italiana è un settore di punta dell'agroalimentare nazionale grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi ma che è stato fortemente ridimensionato nel 2020 per effetto della chiusura della ristorazione che rappresenta uno sbocco di mercato importante soprattutto per gli affettati di grande qualità. Senza dimenticare il volano economico generato dal vino italiano che vale oltre 11 miliardi di fatturato lo scorso anno e offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone. Con una produzione di oltre 46 milioni di ettolitri nella vendemmia 2020 che conferma il ruolo di leader mondiale davanti alla Francia la produzione tricolore è destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 % per i vini da tavola.

Si tratta peraltro di settori già duramente colpiti dall'emergenza Covid che ha costretto alla chiusura di osterie e ristoranti che rappresentano un luogo privilegiato di consumo di carne, salumi e vini di qualità. Una provocazione nei confronti dell'Italia a dieci anni dal riconoscimento Unesco della dieta mediterranea fondata proprio su una alimentazione diversificata che con pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito fino ad ora agli italiani di conquistare il primato europeo di longevità.
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