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Tra spopolamento e disagio relazionale emerge il protagonismo dei mediocri

La riflessione di Saverio Costantino

L'analisi forse non riguarda i piccoli centri o, meglio, nei piccoli comuni forse coinvolge tante e diverse realtà che quotidianamente franano con indici di degrado socio-culturale, come il continuo esodo verso altre realtà più vivibili ritenute ad indici di qualità della vita migliori.

Sicuramente il contenuto definitorio della qualità della vita non prescinde dalla qualità delle relazioni, dei servizi, degli indici di natura ambientale e non; la qualità della vita è legata anche alla dignità di opportunità lavorative, magari non condizionate da logiche perverse e di sudditanza politica e malavitosa, contenuti che purtroppo spesso coincidono.

Mi sono identificato nella riflessione fatta da Arminio sull'espresso che parte considerando il fatto di vivere in un paese che ha la metà degli abitanti di quando era bambino. Stessa esperienza mia, quella di vivere in un paese come Spinazzola in cui l'esodo continua e cambia volto, vanno via le menti giovani, laureati e al seguito le famiglie. E io mi chiedo se vanno via o in realtà fuggono.

E vanno via i talenti, questo ci stiamo perdendo! I talenti abbandonano le loro terre per cercare la felicità e la realizzazione altrove.

Nasce spontanea una domanda, come direbbe un conduttore famoso, perché rimanere in un paesino o perché rimanere in una piccola cittadina dove spesso non si hanno che ostacoli, come l'assistenza sanitaria precaria, costi dei servizi più alti, isolamento nelle vie di comunicazione e purtroppo anche la qualità ambientale svenduta ancor più pericolosamente perché aree a minor popolosità?

Arminio fa un richiamo al senso dell'orgoglio istituzionale e dice " il covid è una grave malattia , ma è tale anche lo spopolamento dei paesi. Chi non lavora per questa malattia è responsabile di un vero e proprio genocidio antropologico".
Continua dicendo di aspettare qualche sussulto da parte dei sindaci. Magari decidendosi di portare a Roma le proprie fasce.

I fenomeni emigratori si sono attivati dagli anni sessanta circa, soprattutto a partire da realtà lontane dai centri più grandi, ma forse per la presenza di numerose nascite il fenomeno, cominciato anche prima, non veniva percepito.

Di fatto la gente emigrava, ma portava reddito, perché magari mandava soldi alla propria famiglia, voleva poi rientrare e quindi investire nel paese di origine.
Paradossalmente l'emigrazione portava via le persone, ma portava reddito, molte case sono state costruite con i soldi delle persone emigrate.

Ora chi va via non lo fa per costruire una casa più grande nel proprio paese o inviare risorse alla propria famiglia, ora si va via e definitivamente.

Ma il tema che a noi interessa è che chi rimane e lì abita, anziché riempirli i propri paesi, li svuota. Tale concetto è evidenziabile nella dinamica del malcontento, nella demotivazione, nella continua denigrazione che ovviamente non esenta chi dovrebbe dare buoni esempi, come magari chi rappresenta le istituzioni.

I portatori sani di accidia, e le cave della sfiducia. Di fatto un buon politico dovrebbe accendere i riflettori a livello regionale e nazionale, non appagare il proprio narcisismo da mediocre in un orto ormai che perde terreno e risorse, oltre che braccia per lavorarlo.

Il solito copione, le solite dichiarazioni e le solite promesse; ci sono minestre riscaldate che possono essere buone, ma riscaldate in eccesso e più volte possono addirittura essere tossiche.
Ora si parla di transizione ecologica di tante risorse post covid, e dei fondi del recovery fund, ma chi aumenterà il capitale umano e intellettivo?

Le distanze ravvicinate fanno di tutti noi, visti da vicino, degli esseri imperfetti, ma se ci affacciamo intorno a noi forse troveremo modi per creare validi legami e validi spunti, magari per capire che anche chi ha validi motivi di sussistenza economica non li trova come appagamento culturale e nel benessere psicologico. Pensieri questi che mi pongo prima ancora che da psicologo da padre.
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