Uova protagoniste della Pasqua, ma occhio alla certificazione
La Puglia conta circa 6,5 milioni di galline che producono 1 miliardo e 620 milioni di uova all'anno
mercoledì 31 marzo 2021
Con un balzo record del 15% negli acquisti del 2020 le vere star del carrello nel tempo del covid sono le uova tradizionalmente protagoniste della Pasqua. È quanto emerge dall'indagine Coldiretti/Ixe', in occasione delle festività pasquali, con la Puglia che conta circa 6,5 milioni di galline che producono 1 miliardo e 620 milioni di uova all'anno.
Sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate, ma soprattutto impiegate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali, le uova saranno largamente consumate durante la settimana Santa. Un ingrediente fondamentale per sostenere la nuova passione degli italiani che con il trascorrere delle settimane in casa – precisa la Coldiretti – hanno modificato progressivamente l'atteggiamento nei confronti del cibo a favore del paniere "cuochi fai da te" (uova, farina, lievito, burro, zucchero, olio) con un graduale ridimensionamento dell'interesse iniziale con la pandemia per i prodotti conservabili (surgelati e scatolame) e per i prodotti da "scorta dispensa".
Con l'aumento della domanda diventa sempre più importante – continua la Coldiretti – garantire la trasparenza ed è importante conoscere le informazioni del codice alfanumerico applicato sul guscio che riguardano provenienza dell'uovo e metodi allevamento adottato.
«In media ogni allevamento conta 40mila galline che producono 250 uova dichiarate all'anno. Vanno tolti dall'anonimato gli ovoprodotti ed i trasformati e bisogna rendere finalmente pubblici i flussi commerciali provenienti dall'estero. È evidente che la mancanza di trasparenza alimenta l'incertezza e le frodi ed inganni anche attraverso le triangolazioni commerciali», afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Il primo numero del codice alfanumerico consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice Istat del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell'allevatore. A queste informazioni si aggiungono – continua la Coldiretti regionale – quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S). Negli ultimi 30 anni – precisa la Coldiretti – i consumi nazionali di uova sono aumentati raggiungendo la cifra record di 13 miliardi di pezzi all'anno che significa una media di circa 215 uova a testa, quasi interamente Made in Italy.
L'usanza di considerare l'uovo come simbolo di rinascita e buon augurio in Occidente risale al 1176, quando re Luigi VII rientrò a Parigi dopo la II crociata e per festeggiarlo – conclude la Coldiretti – il capo dell'Abbazia di St. Germain des Près gli donò metà dei prodotti delle sue terre, incluse un gran numero di uova che furono poi dipinte e distribuite al popolo. Una usanza tramandata dai persiani che, già cinquemila anni fa, festeggiavano l'arrivo della primavera con lo scambio delle uova "portabene" contro pestilenze e carestie secondo un rito che resiste ancora ai giorni nostri.
Sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate, ma soprattutto impiegate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali, le uova saranno largamente consumate durante la settimana Santa. Un ingrediente fondamentale per sostenere la nuova passione degli italiani che con il trascorrere delle settimane in casa – precisa la Coldiretti – hanno modificato progressivamente l'atteggiamento nei confronti del cibo a favore del paniere "cuochi fai da te" (uova, farina, lievito, burro, zucchero, olio) con un graduale ridimensionamento dell'interesse iniziale con la pandemia per i prodotti conservabili (surgelati e scatolame) e per i prodotti da "scorta dispensa".
Con l'aumento della domanda diventa sempre più importante – continua la Coldiretti – garantire la trasparenza ed è importante conoscere le informazioni del codice alfanumerico applicato sul guscio che riguardano provenienza dell'uovo e metodi allevamento adottato.
«In media ogni allevamento conta 40mila galline che producono 250 uova dichiarate all'anno. Vanno tolti dall'anonimato gli ovoprodotti ed i trasformati e bisogna rendere finalmente pubblici i flussi commerciali provenienti dall'estero. È evidente che la mancanza di trasparenza alimenta l'incertezza e le frodi ed inganni anche attraverso le triangolazioni commerciali», afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Il primo numero del codice alfanumerico consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice Istat del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell'allevatore. A queste informazioni si aggiungono – continua la Coldiretti regionale – quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S). Negli ultimi 30 anni – precisa la Coldiretti – i consumi nazionali di uova sono aumentati raggiungendo la cifra record di 13 miliardi di pezzi all'anno che significa una media di circa 215 uova a testa, quasi interamente Made in Italy.
L'usanza di considerare l'uovo come simbolo di rinascita e buon augurio in Occidente risale al 1176, quando re Luigi VII rientrò a Parigi dopo la II crociata e per festeggiarlo – conclude la Coldiretti – il capo dell'Abbazia di St. Germain des Près gli donò metà dei prodotti delle sue terre, incluse un gran numero di uova che furono poi dipinte e distribuite al popolo. Una usanza tramandata dai persiani che, già cinquemila anni fa, festeggiavano l'arrivo della primavera con lo scambio delle uova "portabene" contro pestilenze e carestie secondo un rito che resiste ancora ai giorni nostri.