Tornare a scuola, una sfida o una opportunità?

Con il COVID 19 chi soffia sulla polemica e chi lavora per la normalità

martedì 1 settembre 2020 07.00
A cura di Saverio Costantino
Ormai siamo in una dimensione surreale, dal negazionismo alla superficialità o alla posizione del tipo "non esiste nulla"; sentiamo spesso che una realtà non è realtà, che essere positivo non significa nulla, ma è solo una dimensione di tipo immunitario, insomma il Covid 19 ci ha messo a nudo, siamo in preda alla confusione non casuale, ma purtroppo alimentata artatamente.

Senza fare affacci politici di parte, ma alcune parti senza contenuti e temi stanno soffiando sulle difficoltà, tanto alimentando confusione e sempre più paura.

Salvando la classe docenti, come lavoratori di grande professionalità e buon senso, che nei lunghi mesi di lavoro da casa si sono brillantemente occupati di "osservare attraverso un monitor" i propri ragazzi, scorgendone paure, preoccupazioni e anche a volte disinteresse, spesso fanno rumore le minoranze che in virtù di una ventilata fragilità colludono con una volontà di non mettersi in gioco; minoranze o no il mio punto di vista è che a scuola con tutte le precauzioni si torna e di fatto penso abbia una valenza psicologica ed educativa almeno pari al Billionaire. I ragazzi e la scuola non sono e non possono essere oggetto di sperimentazioni, di tentativi, ma devono restare dei punti fermi.

La deriva della distanza, senza sostituirsi ad autorevoli epidemiologi, ma analizzando la parte di mia competenza, alimenta una sorta di passivizzazione e di idea che nella confusione i meriti e l'impegno sono irrilevanti.

Penso invece che nella osservazione clinica in ambito psicologico stiamo osservando effetti di importante destabilizzazione che, ovviamente, sono collusivi di tutta una serie di disagi non meno reali.

Impera la preoccupazione da parte dei genitori per i propri figli, aumentando in questi ultimi paure diffuse e non circoscritte alla sola frequentazione scolastica.
Il distanziamento non va ridicolizzato, la mascherina non va ridicolizzata, va vissuta come una prescrizione di un presidio in cui ognuno rinuncia alla sua dimensione di tuttologo degli studi fatti sui social.

Parlarne è importante se lo si fa nel modo giusto, con il mero intento di informare rassicurando, senza confondere allarmando.

La scuola, un luogo di elaborazione, di valorizzazione dell'essere umano con tutte le sue potenzialità, è un bene prezioso capace di rendere liberi, non dimentichiamolo! A 55 anni posso dire che sono fragili non solo i docenti, ma anche gli operatori dell'industria della salute, di qualsiasi ambito, ma devo considerare anche che la gran parte dei docenti si sente fragile e impotente a rimanere a casa, non potendo seguire con la presenza i propri alunni, dalle materne alle scuole superiori.

Sapere che ci sono delle precauzioni è solo un insegnamento, non una opportunità per non provarci, pena le contraddizioni di chi magari rinuncia agli impegni, ma si abbraccia nella dimensione ludica, locali notturni, spiagge, ovvio minoranze indisciplinate, per carità, dalle quali noi tutti prendiamo le distanze (o almeno così mi auguro!).

Ho visto in lacrime un mio paziente, studente universitario, che diceva che non potevano rubargli la possibilità di studiare in aula e di incontrare i colleghi studenti, con tutte le ritualità.
Questo basta per non perdersi, prendere decisioni in una società in cui troppi parlano e pochi operano; ogni momento deve avere soluzioni e mettere in conto che non sono sufficienti ad evitare eventuali problemi, pena alimentare polemiche che ormai si sostituiscono troppo spesso al buon senso.

I banchi che abbiano rotelle o no si muoveranno, i ragazzi si incroceranno, ma la scuola è una sala operatoria o una articolazione della società?

Smettiamo di svendere l'essenziale, perchè l'educazione e la sanità psicologica devono restare dei punti fermi e non in preda a decisioni inadeguate e mai definite.
Questo periodo ha però anche creato nuovi valori, l'attenzione all'ambiente, e la possibilità di lavoro a distanza come integrazione, questo ha tante articolazioni che evito di affrontare in quanto già fatto da me in altre sedi, ma devo dire anche da tanti altri.

L'incontro non sia diffidenza, ma complicità per uscirne indenni senza eccessi. Ho visto colleghi nei servizi bardati come neanche lo erano gli operatori di reparti covid 19; capisco il loro disagio psichico, ma comprendo anche come dovremo fare leva in futuro per sgranchire la voglia di tornare a lavorare, tra atrofia e apatia.

Come un mio caro amico con la testa malata, diceva, ci sono vari tipi di "malati in testa", capite bene la differenza tra chi ci è e chi ci fa; insomma unirsi pur distanziandosi, un ossimoro che ci può salvare. Non serve a nessuno soffiare sulla catastrofe, la vita è un gioco a somma diversa da zero, tutti possiamo vincere contemporaneamente e in un modo sorprendentemente diverso.

La comunicazione deve rinunciare a fare confusione, tanto ha effetto saturazione, ovvero non seguiamo più nulla e tanto è davvero distruttivo.

Allora, la scuola è la prova della nostra maturità, come lo è stato nella storia, in altri periodi difficili, educare, accogliere non può essere svenduto a nulla.

Saverio Costantino
Psicologo-Psicoterapeuta