Sposarsi tra racconto e ricordi da conservare durante il periodo Covid

Il contributo dello psicologo di Spinazzola Saverio Costantino

lunedì 28 dicembre 2020 13.22
A cura di Saverio Costantino
Il giorno delle nozze è un vero annuncio fatto al mondo intero, gli sposi cantano il loro amore e il loro impegno davanti a tanti testimoni. Nessuno storce più il naso di fronte ad un matrimonio civile o religioso o misto...è la celebrazione dell'amore e questo è sufficiente per vivere comunque un giorno indimenticabile.

Insomma, tutti sono partecipi di un sogno...vietato essere tristi in quel giorno.

I fidanzati, poi sposi, scelgono con cura ogni cosa, attenti ai particolari, attenti ad evitare il più possibile quelle critiche che inevitabilmente arriveranno; rimangono affascinati dal contesto dove ritualizzare il proprio amore e da dove lanciarlo in un futuro che sempre si augura sia radioso e felice.

Se entraste in una casa bellissima, gelida e senza caldi padroni di casa ad accogliervi avreste la stessa risonanza? In alcuni luoghi, come a Villa Carafa, io le ho trovate mescolati insieme in una splendida pietanza entrambi gli ingredienti, accoglienza e senso estetico, come luogo emotivo di incontro.

Tutto ciò con la dimensione dell'orgoglio di avere la possibilità di formare il personale e operatori tutti, gia' questo è un segno di volontà di crescita; così, dialogando arriva un periodo anomalo di Pandemia e il personale di Villa Carafa diventa frontiera dell'accoglienza, tra incertezza e indecisione, tra cambiamenti e DPCM, ormai bollettini che normano la nostra vita.

Ci si puo' sposare? Quante persone posso invitare e il trenino e il ballo con gli invitati? E la dieta drastica fatta per indossare l'abito più bello a cosa è servita? E il primo ballo emozionante, con tutti gli amici attorno, si potrà fare? Insomma il rito che noi spesso banalizziamo è importante e segna il contenuto unione e contesto con pregnanza.

Per semplificare, da terapeuta familiare, è come se in una famiglia non fosse ritualizzato il pranzo o la cena, il rientro, lo stare insieme, tutto insomma diventerebbe un non luogo emotivo e di relazione.
I riti sono importanti. In questo periodo l'attacco al rito e alla ritualizzazione crea destabilizzazione, nonostante il luogo comune vedrebbe il maschio propenso a rinviare per allontanare la presa di coscienza e la donna, come dice qualcuno più attento, ha sempre dalla sua parte la protezione della Madonna e quindi è proiettata a trovare il lieto fine.

Come tutte le scelte risulta molto difficile inscatolare un rito in trenta invitati, anziché i centrotrenta previsti; chi lo dice agli altri cento che non sono nella rosa dei trenta eletti? E i cento non inclusi "restituiranno" quanto già regalato loro nei matrimoni passati e magari già finiti?
Comincia il ballo delle varie scuole di pensiero, le famiglie in questo si misurano sulla tenuta, gia' a partire dalla scelta del menù o dei mobili per la casa, figuriamoci in tempo di Covid come ci si influenza. Metafora a parte cominciano a delinearsi almeno due macro filoni: rinviamo per fare le cose come le avevamo sognate, o ci sposiamo comunque rivedendo il nostro rito o proiezione psicologica sullo stesso?
In questo, il senso della esposizione allo "stress da decisione" comincia a farci sentire vulnerabili, e quel "proprio a me doveva capitare" è la fine.

Il personale della sala comincia a sostanziarsi in un ascolto che entra nel mondo psicologico delle persone e delle famiglie, insomma sostanzia quella dimensione di intimità come depositario della condizione di disorientamento, che può sfociare in un senso di rassegnazione depressiva.
Qui qualcuno mi chiederebbe cosa è meglio fare, se non fosse che il meglio è dentro la struttura culturale e ha un significato individuale, direi dentro quel mito familiare che a volte è protettivo e a volte ingabbia e imprigiona.
Il meglio è sempre prendere una decisione, compresa quella di rinviare la ritualizzazione del ricevimento, che rappresenti però non il rinviare una decisione, non un rinvio ad oltranza, se stiamo parlando di matrimoni che dovranno unire due persone che si amano.
Ora, anche se il nostro sposo potrebbe leggere questo come un segnale e fuggire dal matrimonio, la alacre e premurosa promessa sposa non dà spazio, o meglio lo dà solo alla speranza di vedere realizzato il suo, il loro sogno. Spesso gestire l'ansia e l'insonnia che ne scaturiscono da un cambiamento così inaspettato, porta in quella situazione di allarme diffuso e generalizzato predisponente agli attacchi di panico.
Una voce dice "sposati", una dice "aspetta", un'altra ancora dice "è un segnale", l'eco si amplia con una cordata e con l'altra e nel mezzo i due poveri ragazzi che a tanto non avevano pensato, non avevano pensato potesse essere cosi stressogeno.
Ma il meglio di ciò è che la vita ci pone continuamente di fronte a decisioni e cambiamenti di rotta, quella capacità di problem solving o di decisioni che a volte, riprendendo la teoria dei sei cappelli per pensare, ci vede indossare solo il nero della negatività ovvero del tutto negativo e tutto andrà male.

Nessuna pretesa di voler formare gli sposi a tale metodo, ma suggerisco almeno quel cappello verde che ci libera nella prateria a trovare nuovi orizzonti, quando sembra che il solito si sia saturato. Un diverso rito salva il rito, quindi penso e decido, penso e ristrutturo e ricreo.
E vissero tutti felici e contenti…perché avevano già sperimentato che la vita ci pone sempre di fronte a scelte, e mai quello che programmiamo ha gli stessi colori che avevamo pensato, ma ce ne presenta altri che forse sono più belli perché imperfetti e spontanei come i fiori che crescono nei campi.