Emiliano lascia il PD: «Dopo sentenza della Corte Costituzionale non posso rinnovare la tessera»
Il governatore: «Continuerò a supportare il Partito in ogni modo in cui mi venga richiesto». Il sarcasmo del M5S
lunedì 3 dicembre 2018
20.23
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che vieta ai magistrati l'iscrizione, o la partecipazione "sistematica e continuativa", a partiti politici per tutelarne indipendenza e imparzialità, il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano deve lasciare il Partito Democratico, di cui è stato fra i fondatori.
Emiliano, in aspettativa da 14 anni dal suo ruolo di magistrati, in una nota inviata al circolo PD Murat-San Nicola ha scritto: «Per ragioni legate al mio ruolo di magistrato, sia pure in aspettativa per mandato elettorale, devo comunicare la mia decisione, dolorosa ma inevitabile, di non rinnovare l'iscrizione al PD, in ossequio alla recente sentenza della Corte Costituzionale in materia. Continuerò a supportare il PD in ogni modo in cui mi venga richiesto e continuerò a frequentare il mio circolo ed ogni istanza di partito alla quale riterrò di intervenire. Vi è infatti che il mio ruolo di capo politico della coalizione di centrosinistra della Regione Puglia è per me coessenziale alla mia militanza nel PD al quale sarò sempre legato».
Immediato il commento dell'ex ministro Carlo Calenda, che su Twitter esulta: «Una buona notizia. Finalmente Emiliano fuori dal Pd».
E non si è fatto attendere il commento dei consiglieri regionali del M5S alla notizia che Michele Emiliano non rinnova tessera PD.
«Non sapremmo dire a chi sia andata meglio: se al PD che si è liberato della zavorra Emiliano che ha tentato senza successo e in ogni modo la scalata ai vertici del partito, oppure se a Emiliano che ha trovato una buona scusa per abbandonare una nave che affonda. La sentenza di luglio della Consulta ribadisce solo che in tutti questi anni il presidente della Regione non ha rispettato le regole e se Emiliano vuole continuare a far politica sarebbe più coerente e corretto nei confronti dei cittadini italiani dimettersi da magistrato, un ruolo che ha esercitato solo per metà della sua vita lavorativa visto che per l'altra metà, ormai 15 anni, ha fatto solo il politico. Ormai ha senso chiedersi se si tratti di un magistrato prestato alla politica o di un politico prestato alla magistratura».
Emiliano, in aspettativa da 14 anni dal suo ruolo di magistrati, in una nota inviata al circolo PD Murat-San Nicola ha scritto: «Per ragioni legate al mio ruolo di magistrato, sia pure in aspettativa per mandato elettorale, devo comunicare la mia decisione, dolorosa ma inevitabile, di non rinnovare l'iscrizione al PD, in ossequio alla recente sentenza della Corte Costituzionale in materia. Continuerò a supportare il PD in ogni modo in cui mi venga richiesto e continuerò a frequentare il mio circolo ed ogni istanza di partito alla quale riterrò di intervenire. Vi è infatti che il mio ruolo di capo politico della coalizione di centrosinistra della Regione Puglia è per me coessenziale alla mia militanza nel PD al quale sarò sempre legato».
Immediato il commento dell'ex ministro Carlo Calenda, che su Twitter esulta: «Una buona notizia. Finalmente Emiliano fuori dal Pd».
E non si è fatto attendere il commento dei consiglieri regionali del M5S alla notizia che Michele Emiliano non rinnova tessera PD.
«Non sapremmo dire a chi sia andata meglio: se al PD che si è liberato della zavorra Emiliano che ha tentato senza successo e in ogni modo la scalata ai vertici del partito, oppure se a Emiliano che ha trovato una buona scusa per abbandonare una nave che affonda. La sentenza di luglio della Consulta ribadisce solo che in tutti questi anni il presidente della Regione non ha rispettato le regole e se Emiliano vuole continuare a far politica sarebbe più coerente e corretto nei confronti dei cittadini italiani dimettersi da magistrato, un ruolo che ha esercitato solo per metà della sua vita lavorativa visto che per l'altra metà, ormai 15 anni, ha fatto solo il politico. Ormai ha senso chiedersi se si tratti di un magistrato prestato alla politica o di un politico prestato alla magistratura».