Coronavirus, Cgil Bat: «Ospedali in affanno e Usca che non decollano»
Intervento del segretario generale Biagio D’Alberto sull’emergenza sanitaria
giovedì 29 ottobre 2020
Le Usca, unità speciali di continuità assistenziale, ovvero sanitari che si recano nelle case per assistere direttamente i pazienti affetti da Covid-19, nella Bat sono solo due. Ma è pronto anche un bando per altre sei.
Otto sono quelle della provincia di Foggia e del leccese, operative in territori che sono certamente più complicati di quello della Bat. Il tema delle Usca lo abbiamo già affrontato nel nostro periodico confronto con la Asl sulle liste d'attesa. In tempi "non sospetti", ovvero a luglio, eravamo tornati a porre l'accento sulla necessità di potenziare la medicina territoriale come unica e vera strada, a nostro avviso, per gestire l'emergenza sanitaria.
Oggi siamo costretti a ritornare su questa idea perché proprio sulla base di ciò che è accaduto nella prima fase del Covid avevamo compreso la valenza strategica dell'assistenza territoriale, che trova nell'assistenza domiciliare il suo cardine.
In realtà riteniamo che le Usca non siano solo una soluzione transitoria legata all'emergenza ma possano diventare una forma strutturata all'interno di un sistema sanitario che si pone come obiettivo quello di assistere quanto più è possibile il paziente presso il suo domicilio. Limitare il ricorso all'ospedale alle reali necessità di una assistenza complessa non solo obbedisce alla logica di un miglior benessere del paziente ma anche alla risoluzione dei rischi infettivi che il ricovero ospedaliero comporta.
La stessa rete ospedaliera rischia di implodere. La Asl Bat ha riattivato il presidio post Covid di Canosa di Puglia, dopo aver riattivato il Covid Hospital di Bisceglie. Ci siamo permessi di suggerire, solo per questa fase, di utilizzare anche la struttura dell'Asp Regina Margherita di Barletta per recuperare altri spazi di gestione dell'emergenza. Ma non bastano naturalmente i luoghi e le macchine, bisogna fare i conti con organici ridotti al lumicino, personale sanitario che sta sostenendo sacrifici inumani. Gli ospedali come è noto sono in affanno e si è deciso di proseguire con il blocco dei ricoveri programmati, decisione strettamente legata alla carenza del personale.
Come pure stanno andando in difficoltà i dipartimenti di prevenzione, per la dimensione dei numeri delle figure professionali presenti, ma non solo. Su questo si sta provando a recuperare con un secondo bando per potenziarli ma già adesso non riescono più a rincorrere i numerosi focolai che si moltiplicano sempre di più. Il contact tracing è fuori controllo in buona parte dei nostri territori. E se non riusciamo a stabilizzare i numeri dei contagi i problemi saranno davvero seri anche per noi.
Otto sono quelle della provincia di Foggia e del leccese, operative in territori che sono certamente più complicati di quello della Bat. Il tema delle Usca lo abbiamo già affrontato nel nostro periodico confronto con la Asl sulle liste d'attesa. In tempi "non sospetti", ovvero a luglio, eravamo tornati a porre l'accento sulla necessità di potenziare la medicina territoriale come unica e vera strada, a nostro avviso, per gestire l'emergenza sanitaria.
Oggi siamo costretti a ritornare su questa idea perché proprio sulla base di ciò che è accaduto nella prima fase del Covid avevamo compreso la valenza strategica dell'assistenza territoriale, che trova nell'assistenza domiciliare il suo cardine.
In realtà riteniamo che le Usca non siano solo una soluzione transitoria legata all'emergenza ma possano diventare una forma strutturata all'interno di un sistema sanitario che si pone come obiettivo quello di assistere quanto più è possibile il paziente presso il suo domicilio. Limitare il ricorso all'ospedale alle reali necessità di una assistenza complessa non solo obbedisce alla logica di un miglior benessere del paziente ma anche alla risoluzione dei rischi infettivi che il ricovero ospedaliero comporta.
La stessa rete ospedaliera rischia di implodere. La Asl Bat ha riattivato il presidio post Covid di Canosa di Puglia, dopo aver riattivato il Covid Hospital di Bisceglie. Ci siamo permessi di suggerire, solo per questa fase, di utilizzare anche la struttura dell'Asp Regina Margherita di Barletta per recuperare altri spazi di gestione dell'emergenza. Ma non bastano naturalmente i luoghi e le macchine, bisogna fare i conti con organici ridotti al lumicino, personale sanitario che sta sostenendo sacrifici inumani. Gli ospedali come è noto sono in affanno e si è deciso di proseguire con il blocco dei ricoveri programmati, decisione strettamente legata alla carenza del personale.
Come pure stanno andando in difficoltà i dipartimenti di prevenzione, per la dimensione dei numeri delle figure professionali presenti, ma non solo. Su questo si sta provando a recuperare con un secondo bando per potenziarli ma già adesso non riescono più a rincorrere i numerosi focolai che si moltiplicano sempre di più. Il contact tracing è fuori controllo in buona parte dei nostri territori. E se non riusciamo a stabilizzare i numeri dei contagi i problemi saranno davvero seri anche per noi.