Concessione e appalto: quali sono le differenze?

Si tende spesso a considerare questi termini come sinonimi, ma si tratta di un errore

venerdì 31 maggio 2024 13.47
Appalti pubblici e concessioni: nelle conversazioni quotidiane, si tende spesso a considerare questi termini come sinonimi. Si tratta di un errore: a livello tecnico, si ha a che fare con due situazioni differenti.

Gli appalti pubblici sono procedure complesse che coinvolgono diverse fasi, dalla pubblicazione del bando alla selezione del contraente. Le aziende che desiderano partecipare devono soddisfare specifici requisiti di qualificazione, tra cui l'abilitazione allo svolgimento di un dato lavoro o servizio (fanno fede le categorie SOA, di cui si parla diffusamente nel sito Soasemplice.it) e la forza economica per completare i lavori in conformità con le normative vigenti.

La concessione, invece, si contraddistingue per la presenza, come corrispettivo, non di un compenso economico, ma del diritto, a carico del concessionario, di gestire le opere e/o i servizi specificati nel contratto, con tutto quello che ne consegue anche dal punto di vista del rischio operativo.

La situazione pre 2016

Per avere le idee ancora più chiare sulla differenza tra appalto e concessione in ambito pubblico è necessario chiamare in causa uno spartiacque: il 2016.

Fino all'entrata in vigore del Decreto Legislativo 50/2016 del 18 aprile, la differenza tra gli appalti e le concessioni pubbliche veniva cercata facendo riferimento, di volta in volta, a criteri interpretativi differenti.

Ecco l'elenco:
Cosa è cambiato con il sopra citato Decreto Legislativo? Scopriamolo nel prossimo paragrafo!

La situazione post 2016

Dal 2016, la giurisprudenza italiana ha reso possibile una distinzione più chiara tra appalti pubblici e concessioni. Ecco i primi criteri da considerare:
Come accennato all'inizio dell'articolo, un'altra distinzione fra le due tipologie di contratto risiede nel fatto che, quando si parla di concessione pubblica, è necessario chiamare in causa il rischio operativo che, di fatto, riguarda sempre il concessionario, il quale si trova in una situazione di incertezza per quel che concerne il recupero delle spese investite inizialmente.

Ricordiamo altresì che, secondo la giurisprudenza, l'appalto è un rapporto giuridico di natura bilaterale che coinvolge la stazione appaltante e l'operatore economico.

Nella concessione, invece, il rapporto è trilaterale e coinvolge anche l'utenza finale.

La distinzione appena menzionata è stata ribadita otto anni dopo l'entrata in vigore del sopra citato decreto, ossia nel 2014 con la Sentenza 2624 del Consiglio di Stato.

Degna di nota è anche la Sentenza 5624 del 2019 del TAR di Napoli. Nell'ambito di quest'ultima, si sottolinea che, nel caso dell'appalto, l'investimento economico necessario per la realizzazione delle opere risulta a carico delle amministrazioni appaltanti, che procedono al versamento di una somma economica all'appaltatore.

Nel caso della concessione, invece, non è presente una retribuzione da parte della pubblica amministrazione. Il corrispettivo, ribadiamo, è la gestione del servizio o del lavoro per un determinato lasso di tempo, con tutto quello che ne consegue in merito all'assunzione dei rischi di scarsa o mancata redditività.

I riferimenti al suddetto rischio si possono trovare, sempre secondo i giudici del Tribunale Amministrativo del Riesame partenopeo, anche nell'ambito del Codice dei Contratti.

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