Caro energia, salasso per il Granaio d'Italia
Produrre grano costa agli agricoltori pugliesi 400 euro in più ad ettaro
sabato 29 gennaio 2022
Quest'anno produrre grano costa agli agricoltori pugliesi 400 euro in più ad ettaro a causa dell'impennata dei costi energetici che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti. L'analisi è della Coldiretti Puglia, che evidenzia il salasso a carico del Granaio d'Italia con la necessità di interventi per aiutare le imprese rispetto a rincari ormai insostenibili, a partire dal settore cerealicolo che rappresenta uno dei simboli della situazione di difficoltà in cui versa l'agricoltura regionale.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e quasi 10 milioni di quintali prodotti. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono che nell'ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 – aggiunge Coldiretti Puglia - dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull'economia, sull'occupazione e sull'ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall'estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.
Le sementi di grano duro registrano un balzo di almeno il 35%, mentre i chicchi di grano tenero hanno subito un incremento del 15% secondo stime Coldiretti su dati di Consorzi Agrari d'Italia. Ma se si prendono in considerazione i carburanti si arriva a rincari di circa il 50%, con un aumento dei costi ad ettaro delle operazioni agromeccaniche che oggi viene stimato in circa 10-15%.
L'impennata del costo del gas, dovuta ai problemi riscontrati con i Paesi esportatori, fa schizzare poi i prezzi dei concimi, con l'urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%.
A questo occorre aggiungere l'aumento del costo dei fitosanitari, ora indicativamente del 10-15% che, in primavera, potrebbero un ulteriore sussulto, con un atro +15% secondo Coldiretti. Il risultato è che le quotazioni attuali del grano, salite a oltre 50 euro a quintale, non andranno paradossalmente a coprire i costi di produzione. E se negli altri paesi produttori, Canada in testa, si dovesse verificare un aumento dei raccolti e, conseguentemente, una diminuzione delle quotazioni, la situazione potrebbe addirittura peggiorare.
"In questo scenario già fortemente critico, non possiamo che denunciare la perdurante e reiterata assenza dei pastai al tavolo della CUN sperimentale, dove dalla prima convocazione in avanti non si riesce a procedere ad una corretta e trasparente valutazione dell'andamento del mercato, in quanto la parte acquirente non si presenta in commissione e non invia le schede di mercato, con la mancata quotazione sul listino. Con la CUN dovremmo riportare in trasparenza costi di produzione e prezzi del grano, sottoposto a speculazioni inaccettabili, oltre a controlli serrati con una cabina di regia coordinata tra ICQRF, NAS, ASL e gli altri organi deputati alle verifiche ", spiega Maddalena Rignanese Rinaldi, componente di Coldiretti Puglia in sede CUN.
Serve – conclude la Coldiretti Puglia – responsabilità da parte dell'intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare le aziende agricole.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e quasi 10 milioni di quintali prodotti. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono che nell'ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 – aggiunge Coldiretti Puglia - dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull'economia, sull'occupazione e sull'ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall'estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.
Le sementi di grano duro registrano un balzo di almeno il 35%, mentre i chicchi di grano tenero hanno subito un incremento del 15% secondo stime Coldiretti su dati di Consorzi Agrari d'Italia. Ma se si prendono in considerazione i carburanti si arriva a rincari di circa il 50%, con un aumento dei costi ad ettaro delle operazioni agromeccaniche che oggi viene stimato in circa 10-15%.
L'impennata del costo del gas, dovuta ai problemi riscontrati con i Paesi esportatori, fa schizzare poi i prezzi dei concimi, con l'urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%.
A questo occorre aggiungere l'aumento del costo dei fitosanitari, ora indicativamente del 10-15% che, in primavera, potrebbero un ulteriore sussulto, con un atro +15% secondo Coldiretti. Il risultato è che le quotazioni attuali del grano, salite a oltre 50 euro a quintale, non andranno paradossalmente a coprire i costi di produzione. E se negli altri paesi produttori, Canada in testa, si dovesse verificare un aumento dei raccolti e, conseguentemente, una diminuzione delle quotazioni, la situazione potrebbe addirittura peggiorare.
"In questo scenario già fortemente critico, non possiamo che denunciare la perdurante e reiterata assenza dei pastai al tavolo della CUN sperimentale, dove dalla prima convocazione in avanti non si riesce a procedere ad una corretta e trasparente valutazione dell'andamento del mercato, in quanto la parte acquirente non si presenta in commissione e non invia le schede di mercato, con la mancata quotazione sul listino. Con la CUN dovremmo riportare in trasparenza costi di produzione e prezzi del grano, sottoposto a speculazioni inaccettabili, oltre a controlli serrati con una cabina di regia coordinata tra ICQRF, NAS, ASL e gli altri organi deputati alle verifiche ", spiega Maddalena Rignanese Rinaldi, componente di Coldiretti Puglia in sede CUN.
Serve – conclude la Coldiretti Puglia – responsabilità da parte dell'intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare le aziende agricole.